Parliamo del capitale digitale, un argomento insolito e diverso rispetto a quelli descritti ed analizzati in questo blog anzi, quasi un ritorno alle origini dei miei testi.

Introduciamo anche una base di sociologia inserendo a gamba tesa il nome del sociologo Pierre Bourdieu, che ha contribuito molto nel campo della filosofia, antropologia e la già citata sociologia.

Tra i suoi contributi che ho avuto l’onore di apprendere è importante segnalare la differenza che esiste tra i vari capitali presenti nella nostra società:

  • Capitale economico: disposizione di tutte le risorse materiali, come il denaro che si possiede, ad esempio;
  • Capitale culturale: si intendono tutte quelle risorse che vengono acquisite con l’apprendimento scolastico e quelle ereditate dalla famiglia. Qui l’istruzione scolastica gioca un ruolo fondamentale nell’accrescere il nostro capitale culturale;
  • Capitale sociale: quelle tipologie di persone, ceti, classi e gruppi sociali nei quali noi siamo inseriti e con i quali si interagisce nel nostro quotidiano;

Oltre a questi, che determinano tutta la nostra vita come “animali sociali”, è essenziale aggiungere un ulteriore capitale che si dimostra sempre più determinante in questa società, soprattutto con l’arrivo della pandemia: il capitale digitale.

Per chi vuole approfondire questo discorso consiglio di leggere il libro Sguardi Digitali, di Chiara Pattaro, Claudio Riva e Chiara Tosolini.

Il capitale digitale può essere collegato ai primi tre tipi descritti in precedenza e rappresenta una sorta di conoscenza tra quelli che vengono considerati nuovi media e/o quelli che sono gli oggetti della nostra quotidianità, come usarli e saperli gestire.

Sapendo utilizzare la nuova modernità sarà altresì più facile avere un approccio positivo e pratico verso le nuove tecnologie che, inevitabilmente, verranno nel domani.

Gli studi presenti all’interno del libro (pag. 74 – 75), affermano: chi vive in un ambiente circondato da persone usano frequentemente i nuovi device sarà più propenso e facilitato nel conoscere queste tecnologie; il riferimento si fa soprattutto alle nuove generazioni, accompagnati spesso dai genitori e (perché no) dai nonni, ormai rapiti da dispositivi come smartphone e tablet.

Articolo correlato a questo argomento è “Salviamo i nativi digitali“.

Chi, invece, non ha un capitale sociale aggiornato con i tempi è, e rimarrà, inevitabilmente indietro digitalmente parlando.

Lo sguardo ovviamente va rivolto alle persone anziane o quelle che non intendono avvalersi dei nuovi device per la comunicazione.

Ecco quindi che nel mezzo di chi possiede un buon capitale digitale e chi invece fatica (o non vuole) averlo, nasce il famigerato Digital Divide: considerato come una divisione sociale e tecnologica tra chi, ripetiamo, riesce a gestirsi in questo nuovo mondo e chi non è capace o non vuole, digitalizzarsi.

Come lavorare in questo gap culturale?

Ritengo sia ormai necessario espandere ed approfondire l’uso della tecnologia nonostante questa scelta non trovi d’accordo tutte le persone della società.

Se prima della pandemia era meno gettonato e richiesto lo SPID per entrare nei siti della pubblica amministrazione preferendolo ai tragitti in auto e alle chiacchierate faccia a faccia con gli operatori, ora è divenuto uno strumento essenziale proprio per svolgere molteplici funzioni, in totale comodità e sicurezza.

A proposito di SPID, ne ho parlato nel mio articolo “Pubblica Amministrazione digitale“.

Un nuovo livello di digitalizzazione rischia non solo di essere incompreso, ma di non essere ben accettato dalla società, visto che da una parte abbiamo le persone che si approcciano alla tecnologia di continuo e che arrivano a considerare le innovazioni sempre meno interessanti, quasi scontate rispetto a quello che si potevano aspettare: questi individui vengono definiti individui blasé.

Dall’altra, i più emarginati digitalmente parlando, troveranno nelle novità meno comprensione, continuando ad avere la sensazione di rimanere in una cerchia ristretta ed abbandonata dal resto della società.

Eppure questa società tecnologica avanza, dallo scoppio della pandemia da Covid-19 c’è stato un innalzamento improvviso e non si fermerà di certo a beve termine.

A mio avviso ci vuole molta consapevolezza nell’uso dei device, perché dare in mano uno smartphone a chi non l’ha mai usato solo per rimanere al passo con tempi non significa digitalizzarlo anzi, se lasciato/a solo/sola, si troverà sempre demotivato/a a continuare ad usarlo per ogni piccolo problema che si troverà davanti.

Bisognerà quindi far capire che quel dispositivo non è un semplice telefono, ma un oggetto che può veramente aiutare in moltissime situazioni.

Tutto questo ovviamente, necessita della giusta dose di conoscenza e, nonostante tutto, rimane ancora un punto su cui c’è tanto da lavorare.

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Immagine di copertina: The Culture Map book beside flower, Photo by mnm.all on Unsplash

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