Salviamo i nativi digitali è il mio appello alla comunità.

Chi sono i nativi digitali?

Sono quelle persone, nate dopo il 1985, che hanno convissuto, e vivono tuttora, la loro esistenza a stretto contatto con la tecnologia e la considerano come normalità quotidiana.

Con una differenza, invece, di quelli che vengono considerati “immigrati digitali“, cioè quelle persone che hanno visto svilupparsi la tecnologia dopo la nascita con il conseguente diverso approccio rispetto a chi è nativo.

Queste espressioni, nate dallo scrittore Mark Prensky, contenute nel libro Digital Native, in Italia il libro è Nativi Digitali di Giuseppe Riva, Società editrice Il Mulino – vi consiglio caldamente di leggerlo – mettono in luce una serie di differenze fra chi è nato prima e dopo lo sviluppo massico informatico.

In fondo, se ci pensiamo è normale che una persona nata con gli strumenti come lettori DVD, MP3 e di recente gli smartphone, non avrà problemi, o sicuramente meno, nell’uso stesso degli strumenti digitali che approdano nel mercato.

Fa parte del DNA di questa fascia di individui della società, è insito nel loro sangue e avranno un concetto sempre differente di vita rispetto a chi è cresciuto dove l’unico mezzo di spostamento era un’auto in famiglia, quando andava bene.

Modi diversi di vivere e di intendere tutti i processi tecnologici.

Pensiamo ad esempio del rapporto che i/le bambini/e hanno con le nuove tecnologie, anche se qui si parla in maniera specifica di iGeneration, cioè Generazione iPhone: date loro in mano un qualsiasi telefono, ed inizieranno a toccarlo, rigirarlo ed usarlo come se lo avessero sempre fatto.

Leggete il mio articolo”Lei, i bimbi e lo smartphone“.

Cerchiamo di sfatare questa teoria che riempie i cuori di gioia di genitori e nonni/e, non lo fanno perché sono bravi/e, ma riescono nel loro intento proprio non hanno la minima paura di sbagliare e, soprattutto, perché nella loro società attuale e futura, il telefono cellulare è, e sarà, uno strumento sempre maggiore di importanza comunicativa e culturale.

Ne ho parlato anche nel mio articolo “5 luoghi comuni da sfatare“.

Tutto questo però non implica che ci sia una conoscenza tale della tecnologia da poter manovrare qualsiasi strumento senza ombra di incertezze, anzi, i dati Istat del 2016, che potete trovare in questo esaustivo PDF, illustrano come ci siano tanti dispositivi per navigare in rete ma, nella realtà, manca ancora un buon pacchetto culturale e di conoscenza per chi accede in rete, sia con smartphone che con più di due dispositivi.

Saper come accendere un telefono e scaricare una app è solamente un piccolo punto di partenza per muoversi in questo mondo, ma non ci sono le competenze per capire realmente cosa si ha in mano.

Giusto per farvi un esempio provocatorio: il prossimo telefono preferirete acquistarlo con 3 GB o 6 GB di RAM?

In una società basata sul digitale, dove possiamo comunicare con persone dall’altra parte del mondo e dove la comunicazione è veramente a portata di click, l’ignoranza non è più giustificata. Basta poco per capire il significato di una parola, chiedetelo a Google e vi risponderà in qualche millesimo di secondo.

Purtroppo non ci si informa più in maniera accurata, non si conoscono le fonti affidabili e quelle non e questo è un grave svantaggio nella società attuale dominata dalle famose fake news.

Potrebbe interessarti il mio articolo “Fake news: 8 passaggi per riconoscerle“.

Ritengo giusto che tutta questa “conoscenza digitale” debba partire proprio dalla scuola, come reale preparazione ad un mondo futuro che cambia in continuazione e non ammette chi rimane indietro.

Quindi salviamo i nativi digitali da questa obsolescenza culturale e diamo alle generazioni future le basi per avere una sana consapevolezza e senso critico che li porterà ad avere una conoscenza più profonda.

Vi consiglio la lettura di questo bellissimo articolo di Paolo Attivissimo nel sito Agenda Digitale.

Articolo aggiornato il 28/01/2020

Immagine di copertina: Women having group picture, photo by 杰 肖 on Unsplash.

Felicidad.

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