Se non fosse stato per l’emergenza Covid certi avanzamenti in ambito tecnologico sarebbero avvenuti a distanza di anni, oltre a questo, la nostra realtà digitale sarebbe proseguita a rilento.

Ovvio, la situazione è e rimane drastica, ma non dobbiamo intravedere solamente il punto di vista negativo di tutta la situazione.

Molti processi digitali, come la realtà aumentata, stanno interessando maggiormente le grandi aziende tech rispetto a qualche anno fa, e il suo enorme sviluppo si sta facendo sempre più avanzato.

Leggi il mio articolo “Coronavirus, tre lezioni digitali importanti “.

Due nomi che stanno facendo discutere, nel bene e nel male, in questo periodo di impennata tecnologica sono proprio due aziende che con l’informatica ci vivono in mezzo: Microsoft ed Emerge.

La prima la conosciamo bene, famosa nel mondo della tecnologia ha portato il sistema operativo Windows, attuale Windows 10, in casa da milioni di persone e nelle aziende.

Secondo un’indiscrezione del sito Ubergizmo, l’azienda di Redmond avrebbe depositato un brevetto per la creazione di un chatbot, programma o software che simula la comunicazione (quasi) reale con l’essere umano, che “studia” in maniera approfondita una persona e ne riproduce il suo modo di comunicare.

Immaginiamo, ad esempio, se un semplice programma possa riprodurre qualcuno di nostro caro che non c’è più, permettendoci di interagire, seppur in maniera limitata, come se l’altra persona fosse ancora tra noi.

Uno degli obbiettivi di Microsoft, nella creazione del software chatbot, è proprio questo: amplificare una realtà che, di fatto, non esiste o non esisterà, più.

Se il brevetto dovesse essere accettato, per poter funzionare, il software dovrebbe invadere totalmente la privacy della persona, attingendo a qualsiasi aspetto della sua vita digitale e sociale: immagini, voce, social media, email, materiale presente su pc e device vari.

Per chi volesse accettare questo tipo di trattamento di invasione totale, fermo restando che il brevetto venga accettato, ovviamente potrà avere il beneficio di essere presente anche quando la sua assenza sarà “per sempre”.

Cambiamo argomento, nel caso invece di Emerge, si parla di un’azienda che lavora in un campo specifico dell’informatica e cioè prevalentemente della realtà virtuale.

Circa 5 anni fa, il team ha creato un prototipo chiamato M1, strumento che permette, grazie all’utilizzo di ultrasuoni, di riprodurre verosimilmente il contatto umano.

Immaginiamo le classiche videochiamate che, in epoca Covid, sono state l’uso delle app più gettonate da amici, amiche e parenti; grazie ad M1 è possibile avere una sensazione di tocco anche se si sta a migliaia di chilometri di distanza.

M1 prototype
M1 prototype, URL: https://emerge.io/experience

Se colleghiamo questo dispositivo a dei visori di realtà virtuale, l’emozione di vedere da vicino e, addirittura, “toccare” chi è lontano da noi sarà enorme.

Togliendo per un attimo il dispositivo M1, è comunque possibile grazie a visori, avere una tipologia di device estremamente utili: ad esempio, l’aiuto nello studio per studenti e studentesse che possono approfondire materie scolastiche implementandole ai libri.

Prima di concludere, vi lascio questo video YouTube ufficiale di Emerge che riassume chiaramente quanto espresso nelle righe che avete appena letto.

Dovrebbe essere chiaro ormai che la tecnologia non ha proprio più confini e, come ribadisco sempre, può realmente aiutarci nella vita di tutti i giorni.

In tutto questo discorso una cosa è certa: queste due aziende (Microsoft ed Emerge) faranno sicuramente parlare di sé nel prossimo futuro.

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Immagine di copertina: Photo by Stella Jacob on Unsplash.

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