La pandemia da Coronavirus ha obbligato tutti gli studenti e studentesse a svolgere la tanto gettonata e criticata DAD (didattica a distanza) come sostituzione forzata alle classiche lezioni frontali.

Gli strumenti utilizzati sono stati prevalentemente Google Meet, Skype e Classroom giusto per citare i più gettonati.

Ho parlato di Google nell’articolo “Google, le alternative antipanico“.

Dopo circa un anno di distanza in cui le scuole hanno dovuto affrontare una (quasi) nuova tipologia di insegnamento, è giunta l’ora di capire se effettivamente la DAD abbia avuto dei responsi positivi o negativi.

Su internet si trova tutto ed il suo contrario: manifestazioni di forte appoggio alla DAD, altre in chiara opposizione; facciamo qualche esempio specifico.

In una indagine approfondita di IPSOS per Save The Children inerente alla valutazione dei ragazzi e ragazze sulla DAD, si indica che, secondo le voci degli/delle intervistati/e, sia stato difficile seguire le lezioni da casa specialmente per problemi causati dalla fragile connessione ad internet.

In un paese come il nostro, la copertura della rete rimane ancora un nodo da sciogliere, dovuto principalmente alla scarsa attenzione politica in questo settore negli anni passati.

Proprio il Coronavirus ha messo in risalto la nostra arretratezza della rete e connessione in generale, purtroppo è il proprio il caso di dire “ci voleva il Covid per capirlo”.

In un secondo punto negativo della stessa indagine, si evince come siano stati gli stessi insegnanti a non adottare diverse strategie di insegnamento.

Alla domanda “i tuoi docenti hanno modificato il modo di fare lezione per adattarsi alla modalità online?” la percentuale più alta di risposta è: “La maggior parte dei docenti fa lezione nello stesso modo di sempre come se fossimo in aula, ma qualcuno ha introdotto delle novità (giochi di ruolo, visione video, esercizi interattivi, utilizzo di app….)“.

I/Le giovani quindi vivono questo momento, secondo questo scenario (che vi invito a leggere cliccando sul link ad inizio articolo), come un periodo di transizione relativamente inutile dove loro stessi/e si sentono trascurati/e durante questa pandemia.

Dall’altro lato della medaglia invece troviamo una serie imponente di testimonianze e racconti a favore della DAD.

Secondo una indagine Inapp il 70% dei docenti intervistati afferma che le scuole dovrebbero rimanere chiuse, e quindi continuare con il modello DAD, fino al termine della emergenza sanitaria.

Questi risultati ovviamente non dimenticano la fretta nell’adottare il “nuovo” metodo, la scarsa conoscenza della tecnologia e l’inadeguata dotazione di strumenti tecnologici da parte del corpo docenti.

Non sono solamente alcuni insegnanti ad avere una buona considerazione della DAD, pure tantissimi genitori si apprestano a sostenere questo metodo di insegnamento.

Proprio sul sito Change.org è aperta una petizione per far continuare la DAD alle scuole superiori fino a fine emergenza sanitaria, e non è una raccolta da poco.

Nel momento in cui è stato scritto questo articolo, è stata superata la cifra di 197 mila firme a favore della didattica a distanza.

Abbiamo quindi due fronti ben diversi e distinti: da una parte si afferma che gli studenti e studentesse, per colpa della DAD, si stanno spegnendo anche emotivamente, mentre dall’altra si preme affinché il ritorno ai banchi sia ritardato il più possibile.

In mezzo a queste due versioni abbiamo Agenda Digitale, importante network che racconta la trasformazione digitale in Italia e nel mondo, che approfondisce quali dovrebbero essere le sfide e gli approfondimenti da fare per poter potenziare e favore una DAD migliore.

Secondo l’articolo infatti si dovrebbe lavorare molto su diversi fattori quali i feedback sensoriali che dovrebbero colmare il vuoto della presenza fisica dell’insegnante in classe.

Oltre a questo, ci dovrà essere uno sviluppo di tecnologie facili da adottare che permettano agli/alle studenti/studentesse di ritrovarsi in piattaforme semplici da utilizzare, l’uso di tecnologie innovative grazie alla realtà aumentata, realtà virtuale e mista sono altri di questi importanti fattori.

Insomma, a prescindere da come e quanto possa continuare questa pandemia, ci sono ancora tantissime sfide digitali che ci aspettano e che dovremmo adottare.

Sono in atto forti cambiamenti culturali, sociali e tecnologici e non per questo dovremmo girare lo sguardo dall’altra parte quando si parla dei nostri giovani.

In ultimo, ma non per importanza, ritengo sia opportuno ed essenziale ricordare che molti ragazzi e ragazze grazie alla DAD, riescono a proseguire gli studi in una situazione di salute che nulla ha a che vedere per forza con il Covid.

Un esempio possono essere quelle persone che, grazie alla didattica a distanza, possono intraprendere gli studi altrimenti impossibilitati per via delle precarie condizioni di salute che obbliga loro a rimanere a letto.

Ecco, a mio avviso il punto cruciale è questo: la DAD non dovrebbe essere una “parentesi Covid”, ma una possibilità sicura e garantita nel corso di questa situazione pandemica che deve essere mantenuta anche dopo l’emergenza sanitaria.

Ben vengano le lezioni in classe in maniera frontale, speriamo che la normalità torni quanto prima, ma la DAD dovrebbe rimanere un punto fisso e continuo per chi non ha le possibilità di muoversi da casa, per chi, quel giorno, perderà l’ultimo treno prima delle lezioni, oppure per chi ha prenderà la tipica influenza di stagione.

L’emergenza Coronavirus ha portato il risalto la nostra scarsità tecnologica ed il punto focale non è quello di decidere se far tornare i nostri ragazzi e ragazze nuovamente nelle aule, ma continuare un percorso digitale che ci rafforzi come paese di un mondo sempre più prossimo al digitale.

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Articolo aggiornato il 22/03/2021.

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Immagine di copertina: Photo by stem.T4L on Unsplash.

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