Telegram si è resa protagonista in queste settimane per una vicenda contro giornali e quotidiani.

Anche se spesso lo diamo per scontato, cerchiamo di capire cosa è Telegram: creata nel 2013 dai fratelli Durov, Telegram è una applicazione di messaggistica istantanea, forte competitor di WhatsApp.

Si differenzia da quest’ultima per aver creato una serie notevole di funzioni, ad esempio i videomessaggi, possibilità di chattare con il proprio account in qualsiasi dispositivo e lo sviluppo importante dei canali.

Potrebbe interessarti il mio articolo “WhatsApp, è ora di trovare delle alternative“.

Un canale Telegram è una sorta di pagina dove uno o più amministratori possono inviare qualsiasi tipo di contenuto alle persone che aderiscono e si iscrivono alla chat; questi canali possono essere pubblici o privati con un numero illimitato di iscritti.

Un esempio molto importante è il canale Telegram ufficiale del Ministero della Salute, molto gettonato di questi tempi.

Questo però, ha portato alcune persone ad usare lo strumento in maniera illecita infatti, molti di questi canali, facevano circolare illegalmente copie digitali di giornali, riviste e libri.

La vicenda ha indotto l’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) a richiedere la chiusura di 7 su 8 canali che trasmettevano materiale digitale in maniera illecita, precedentemente segnalata dalla FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali).

Dopo questo evento si è mossa anche la procura di Bari, che ha chiesto il sequestro preventivo d’urgenza di 17 canali Telegram che svolgevano lo stesso tipo di servizio.

Al di fuori della vicenda stessa, qui abbiamo un evento culturale e sociale da non sottovalutare, che ha a che fare con il proseguimento dei giornali così come li abbiamo conosciuti.

Da quando internet è entrato nella nostra società il classico quotidiano ha perso terreno anche in ingaggi pubblicitari e senza quelli, la stampa ha vita difficile.

Leggi il mio articolo “Quotidiano cartaceo o touch?“.

Oltre a questo le persone preferiscono leggere direttamente le notizie sul proprio smartphone tramite Google o Facebook, in tempo reale.

Questo, a mio avviso dovrebbe essere un serio punto di riflessione per la stampa italiana, cercando di capire bene come deve essere il proprio futuro.

Prendiamo ad esempio il fattore pirateria di video e canzoni: su internet sono presenti centinaia di siti dove è possibile scaricare canzoni, film, serie tv, libri in maniera illegale, veloce e senza troppi pensieri.

Questo fa perdere tantissimi soldi al campo cinematografico e musicale, così, la stessa rete ha creato prodotti come Spotify per la musica, Netflix o Disney+ per i video che hanno cambiano la situazione, dando una nuova vita ad un mercato che stava morendo.

Ho parlato di Disney+ nel mio articolo “Disney+, un mese dopo“.

La mia domanda con cui voglio lasciarvi è: potrebbe fare lo stesso anche la stampa?

Perché non potenziare prodotti come PressReader o creare nuove piattaforme simili realmente competitive?

Facendo fronte ad un destino senza paragoni contro internet qual è l’unica maniera per poter salvare la diffusione dei giornali?

Scrivetemi sulla pagina Facebook.

Immagine di copertina: Person using smartphone, Photo by Christian Wiediger on Unsplash.

Felicidad.

Ti potrebbe piacere: